Natale era un giorno sempre tanto atteso, si respirava aria di festa, ci si riuniva in famiglia, le nonne raccontavano le pansanighe, gli uomini giocavano a carte e le mamme potevano sedersi anche loro a mangiare con calma a tavola senza dover pensare a tutte le faccende domestiche. Per noi bambini era anche il giorno dove arrivavano i regali ed era sempre una grande felicità anche se in fondo sapevamo già quale era il nostro regalo.
Anche quel Natale fù così. Ci alzammo tutti molto presto perchè si doveva andare tutti insieme alla messa prima, quel giorno il parroco fece una cerimonia solenne, l’omelia fu cosa molto impegnativa, i riti sembravano che non finissero mai e quando la messa finì sostammo sul sagrato per lo scambio di auguri, noi bambini però trepidavamo volevamo tornare a casa per vedere se era arrivato “il Bambin” (i regali). Finalmente arrivammo e anche quell’anno per me e mia serella i regali arrivarono. Erano tantissimi: due mandarini, tre noci, quattro spagnolette e pezzo grosso due bambole bellissime una più grande per me che ero la maggiore ed una più piccola per mia sorella.
Avevano il viso in ceramica e un vestito meraviglioso tutto in pizzo.
Mi sembrava però di averle già viste e come tutti gli anni sapevo che prima o poi sparivano.
Proprio per questo infatti non ci separavamo mai dalle nostre bambole per tutto il periodo natalizio, giocavamo, confezionavamo loro nuovi vestiti, le accudivamo come se fossero vere.
I giorni dopo Natale passarono così molto velocemente ed arrivò la tanto temuta Epifania, era un giorno comunque di festa ma era anche un giorno per noi molto malinconico, sapevamo infatti che dall’indomani i nostri regali di Natale sparivamo misteriosamente. Così fù, anche quell’anno le nostre amatissime bambole sparirono, venivano nascoste fino al prossimo Natale perchè dovevano accompagnarci durante tutta la nostra infanzia.
Per il resto dell’anno le nostre bambole erano delle semplici pannocchie di mais a cui venivano dipinti occhi, naso e bocca e confezionati vestiti di fortuna, per noi però erano dei veri e propri tesori.
Nonna Richetta
Cuggiono, anni ’40