Ogni 17 di Gennaio dopo cena mi piace affacciarmi al mio balcone e vedere se nei campi attorno a casa qualcuno ancora accende il falò per festeggiare S. Antonio. Anche se fa freddo mi piace sedermi sulla mia poltrona e godere quei fuocherelli accesi in lontananza perchè mi ricordano tanto l’infanzia. All’epoca, quando ero bambino, non c’era abbondanza e la mia famiglia non ha mai esagerato con i festeggiamenti, si dava molta più importanza al lavoro, ma per S. Antonio una piccola eccezione la si faceva. Noi bambini avevamo il compito nei giorni precedenti di trovare la legna da accumulare nella catasta che sarebbe stata bruciata; ovviamente non potevamo accedere alla legna di casa, quella serviva per riscaldarsi e per cucinare, andavamo quindi nei boschi e nelle vigne per recuperare quei pochi rami caduti a terra di qualche pianta ormai rinsecchita. Facevamo a gara a chi riusciva a raccoglierne di più!Ognuno faceva davanti a casa il suo mucchietto e prima di radunarla tutta insieme decretavamo il vincitore. Non si vinceva nulla: solo l’orgoglio di essere stati forti e bravi. Prima di cena ognuno portava al centro del cortile il suo mucchietto, a pensarci oggi non poteva formarsi una catasta grandissima ma a noi sembrava enorme. Dopo cena iniziava la vera festa, il nonno più anziano del cortile aveva il compito di dare fuoco alla legna. Faceva freddo e tutti noi ci radunavamo intorno al falò per riscaldarci. A turno una delle nostre mamme aveva il compito di preparare il vin brulè che era destinato però solo agli adulti, a noi bambini rimaneva solo il fascino di poter restare svegli fino a tardi per godere del tepore di quel fuocherello e partecipare ai canti festosi intonati dai più anziani. Non era certo un gran festeggiamento, i tempi erano scanditi da tante ristrettezze e sacrifici, ma agli occhi di noi piccoli era la più bella festa che si poteva desiderare.Chissà se anche quest’anno riuscirò a immaginarmi di nuovo bambino scorgendo qualche fuocherello acceso in lontananza…
Nonno Enrico
fine anni ’40