Vuoi una giornata di detox digitale dallo stress della vita in città?

Una giornata da

Trucioli di Storia

Se vuoi far conoscere ai tuoi bambini la campagna

Se vuoi staccare dalla quotidianità per respirare aria fresca e pulita

Se vuoi staccarti dal cellulare per qualche ora

Se vuoi scoprire i prodotti tipici della zona, fatti in casa come una volta e con le ricette originali

Scarica subito la mia guida gratuita Trucioli di Storia. Un tuffo nel passato tra vita autentica e tradizione.

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Prossimi eventi

L’esperienza della lentezza

Noi uomini contemporanei siamo esseri strani: costruiamo città ipermoderne, società basate sulla velocità e sogni sulle tecnologie più avanzate…

Sempre più spesso dimenticandoci che la nostra fonte di vita primaria non sono

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i social network

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la standardizzazione dei processi

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la modernizzazione a tutti i costi

La nostra fonte di vita primaria è la natura.

È giusto evolversi e correre con una tecnologia che cambia la nostra vita,

ma è anche bello, ogni tanto, concedersi una pausa dalla frenesia e dallo stress in cui siamo quotidianamente immersi.

Pensaci un attimo…

Cosa succederebbe se per un giorno staccassi completamente dallo stress di una quotidianità frenetica e tutta uguale, concedendoti un momento di digital detox

Per rifugiarti dove puoi ritrovare le tracce delle tue origini?

Se per un weekend, invece che

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Lasciare i tuoi figli davanti al tablet…

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Passare la giornata spiaggiato sul divano…

staccassi da tutto per concederti il lusso di immergerti nelle
tradizioni del passato che pensavi perdute… Ma che pulsano intensamente appena fuori dalle mura delle città?

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Lentezza

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Campagna

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Vita autentica

sono 3 valori che noi non diamo mai per scontati…
E sono ciò che ritrovi qui:


Benvenuto in Trucioli di Storia

Hai voglia di scoprire (e riscoprire) qualcosa in più sulle nostre tradizioni, su quel tempo passato che ci ricorda la beatitudine di stare con i nonni…
e di concederti un lento momento di pace, lontano dallo stress della vita moderna?

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Trucioli di Storia.
Un tuffo nel passato tra vita autentica e tradizione.

Ma cos’è Trucioli di Storia? Ma cos’è
Trucioli di Storia?

Ciao, io sono Gabriella e nel 2011, insieme alla mia famiglia, ho fatto nascere Trucioli di Storia.

Tuttavia…

Trucioli non è un cosa… Ma un chi.

Trucioli non è un cosa
Ma un chi.

Io e mio marito abbiamo occupato per anni posizioni manageriali:
dovevamo tener conto del bene aziendale, e di quello di chi lavorava con noi… Sempre mantenendo quell’impostazione rigida tipica di chi occupa una posizione come la nostra.

Tuttavia…
siamo persone semplici, amiamo la genuinità… E ci mancava quell’umanità che la società di oggi tende ad appiattire.

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Standardizzazione

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Ricerca di velocità estrema a scapito dell’autenticità

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Rendere tutto uguale e ripetibile

sono esattamente ciò che non amavamo del nostro lavoro…
E che abbiamo abbandonato.

Eravamo convinti, e lo siamo ancor di più oggi, che l’unicità di ciascuno di noi è determinata non solo dal suo essere umano…
Ma dal luogo da cui viene: le nostre origini non devono essere derise o dimenticate ma valorizzate.

Volevamo non solo esportare la tradizione, ma riportarla là dove era nata…

E abbiamo dato vita a Trucioli di Storia:

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sforniamo i prodotti tipici della tradizione delle campagne milanesi

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partecipiamo a fiere, sagre ed eventi legati all’agricoltura

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abbiamo aperto al pubblico la nostra collezione privata

Per me Trucioli non è un pretesto per non evolvermi e demonizzare la società di oggi…

Ma è un quadro che puoi abitare,

e che dà voce a tutte quelle tradizioni che, se non vengono preservate da noi, rischiano di svanire nel nulla.

Hai voglia di concederti un lento momento di pace, lontano dallo stress della vita moderna?

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Cosa trovi da noi

L'esposizione dei modellini

Nel percorso che ti propongo vedrai

modellini fatti a mano funzionanti, oggetti di un’epoca passata…

costruiti con soli materiali di recupero da nonno Gianni (il mio papà, e nonno di Cuggiono).

È un hobby che dura da almeno trent'anni: ogni modellino che viene plasmato richiede ore, mesi e talvolta anni per essere terminato.

È stata ricreata anche l'ambientazione della miniatura in modo da poterla riproporre nel suo vero contesto, e così sono nati:

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la trebbiatrice a vapore

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il mulino ad acqua

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il telaio meccanico

E tanti, tanti altri, tutti funzionanti!

Vuoi saperne di più sui modellini?

I nostri laboratori didattici

Per i bambini abbiamo pensato a percorsi didattici che li aiutino a toccare con mano il passato: si tratta di esperienze sensoriali in cui toccano ciò che vedono.

Non ci sono dei percorsi rigidamente fissati, ma ci muoviamo in base alle esigenze del singolo gruppo.

Tuttavia…
Ogni percorso, per quanto diverso, fa conoscere ai bambini (o agli adulti che vogliono partecipare) una parte importante della nostra tradizione.

Tra questi troviamo:

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La lavorazione del legno

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La storia delle api

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L’evoluzione dei macchinari

e tanti altri!

Vuoi saperne di più sui laboratori?

I nostri prodotti

Non solo modellini…

Cosa c’è di meglio delle ricette della tradizione per rispolverare vecchi ricordi… E mantenere viva la tradizione della nostra terra?

Sono:

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i sapori

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i profumi

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le consistenze

che ci rimandano a un tempo antico, lento…
In questo caso dovremmo forse parlare di Briciole di Storia, più che di trucioli
Anche se, in fin dei conti, sempre di scoperta di tratta.

Vuoi scoprire la nostra offerta gastronomica…
E riscoprire antiche ricette come la Büsaéla?

Un truciolo della tua storia

Ogni visitatore con noi diventa il protagonista della sua storia… e lascia un segno.
Così come i trucioli raccontano la storia dell’albero da cui provengono, anche tu, parlando, mi racconti chi sei.

Per questo, quando verrai a trovarmi sarai libero di raccontarmi qualcosa di te:

magari è un ricordo che ti riaffiora alla mente vedendo un modellino…
O forse è quel sapore di infanzia che ti invade quando addenti i miei prodotti tipici…

Ma a me basta un particolare:

ascoltandoti, capirò cosa ancora oggi ti pulsa nel cuore, lo prenderò…
e ci cucirò sopra, con le mie parole, una storia.

Leggi qui sotto per capire meglio di cosa sto parlando.

I giorni della merla

Da bambina se nel mese di gennaio c'era qualche bella giornata tutti speravamo che fosse già arrivata la primavera, ma i nostri vecchi ci dicevano “specia a svistiss che ghe men da rivà i dì dla merla” (aspetta a svestirti non sono ancora arrivati i giorni della merla)! Perché come succedeva sempre gli ultimi tre giorni di gennaio erano quelli più freddi dell'anno. In quei giorni facilmente tornava neve e gelo anche se prima il tempo sembrava più clemente. Ci raccontavano che persino la merla con i suoi piccolini che prima avevano tutti delle belle piume bianche si era illusa che fosse già arrivata la primavera ed anche lei fu sorpresa dal freddo tanto che per riscaldarsi andò vicino ad un camino e non si mosse più per tutti e tre i giorni, quando il freddo finì uscì e le belle piume bianche erano diventate grigio scuro e da allora tutti i merli presero quel colore.

Era una bella favola che ancora ricordo e che racconto ai miei nipotini ma il freddo è sempre lo stesso anche adesso.


Nonna Rosalba
Mesero, primi anni '50

Il falò di Sant'Antonio

Quando ero piccolo il 17 Gennaio era un giorno speciale, era Sant'Antonio, uno dei giorni dedicati a insaccare i salami, per questo si usava alla sera del 17 Gennaio accendere i fuochi per togliere le setole dalle pelli dei maiali. A noi però raccontavano che le setole erano la barba del santo che a lui non serviva più, per questo lo chiamavamo anche il santo del porcello che proteggeva non solo i maiali ma anche tutti gli animali, infatti durante la giornata c'era il parroco che girava di stalla in stalla per benedirli.
Il falò aveva anche il potere di riscaldare la terra e cacciare così l'inverno che a quei tempi era davvero molto duro, guardavamo il falò e speravamo che la fiamma andasse diritta verso il cielo perché se andava diritta voleva dire che il raccolto per quell'anno sarebbe stato abbondante, se al contrario andava storta l'annata era scarsa.
Ci radunavamo intorno ai falò e si beveva il vin broulè e noi bambini mettevamo sul fuoco tutta la legna raccolta nei giorni precedenti quando andavamo di cascina in cascina a chiedere legna cantando questa filastrocca "Daman vûna, daman do, daman tri par fa' 'l falò..."

...che bei ricordi!


Nonno Augusto
Magenta, fine anni '40

La '500 Cabrio

Tutti gli anni andavamo alla fiera di San Rocco di Magenta per comprare qualche animale da cortile, tutti infatti nella corte possedevano galline, oche, anatre, conigli...
Quell'anno però girammo tutta la fiera come di consueto ma al posto delle solite galline decidemmo di acquistare un asino. Pensammo che ci sarebbe stato molto utile per tirare il carretto dalla vigna di Castelletto fino a Cuggiono. Facemmo una lunga trattativa e concludemmo l'affare convinti di poter andare a recuperare l'asino dal venditore nei giorni successivi, ma il vincolo era che per quel prezzo dovevamo portarcelo a casa subito.

Era un problema, dovevamo tornare a casa e chiedere a qualche agricoltore un mezzo per trasportarlo ma era festa e non avremmo trovato nessuno. A mio papà venne una brillante idea e disse: “ghe minga problema al caregum sulla cincent” (non c'è problema lo carichiamo sulla Cinquecento). Il codice della strada a quell'epoca non era così rigido, ci videro persino i vigili ma furono molto acconsenzienti. Convincere un asino a salire in macchina con altri tre passeggeri però vi assicuro che non fù facile ma in qualche modo ci riuscimmo... niente paura la '500 era cabrio e l'asino viaggiò molto tranquillamente godendosi il bel panorama.


Nonno Gianni
Cuggiono, 1961

La bicicletta rossa

Avrò avuto si e no quattro anni quando all'improvviso senza che la desiderassi mi arrivò la notizia che potevo avere una bicicletta tutta per me. All'epoca nessun bambino poteva sperare di avere una bicicletta, nel cortile ogni famiglia ne aveva solo una e quasi sempre era grande e da donna perché doveva servire a tutti.

Quando mi arrivò la bicicletta non stavo più nella pelle, era proprio della mia misura, rossa col manubrio che “sbarlusciava” (lucido e brillante), peccato però che era rotta i pedali giravano a vuoto così com'era non serviva a niente, era da aggiustare. Di soldi però non ce n'erano, i miei genitori la portarono dal Giuletto ciclista e per risparmiare gli dissero di aggiustarla quando aveva tempo e che sarebbe stato pagato con qualche uovo. Il Giuletto la appese al soffitto perchè prima doveva aggiustare quelle che poi avrebbero pagato. Tutti i giorni io passavo di lì per vedere la mia bicicletta e chiedevo speranzoso al Giuletto se era pronta ma lui tutti i giorni mi rispondeva: “duman ta la giusti” (domani te la aggiusto). Bhe' sono cresciuto sperando di avere una bicicletta, sono diventato uomo ma la mia bicicletta rossa è sempre stata là appesa al soffitto, mi chiedo ancora oggi che fine abbia fatto.


Nonno Dante
Anni '50

La brusaela

Da piccola il pane si faceva in casa una volta alla settimana, la mamma lo impastava lo lasciava lievitare e così pronto lo portava al forno comunale per la cottura. Nelle occasioni però si faceva anche il dolce, a Cuggiono lo chiamavamo “Brusaela”.

Mia mamma impastava prima il pane e con l'avanzo della stessa pasta aggiungeva fichi a pezzetti, la stendeva nella teglia, poi sopra tanto burro, una bella spolverata di zucchero e solo nel periodo dell'uva “mericana” anche qualche acino. Ogni mamma poi faceva delle piccole varianti in base a quello che c'era nella dispensa ma la base era sempre la stessa per tutte le famiglie cuggionesi. Anche la forma poteva cambiare, mia mamma la faceva sempre rotonda ma alcune per comodità la facevano anche quadrata. Certo in confronto ai dolci di oggi era molto povero ma il profumo che si sentiva ed il fatto che lo si mangiava molto raramente, solo nelle grandi occasioni, lo si gustava con grande gioia e a noi sembrava il dolce più buono del mondo.


Nonna Enrica
Cuggiono, fine anni '40

La candelora

Il 2 febbraio la mamma ci svegliava sempre molto presto dicendoci: presto dai oggi è “la Candelora”! Con molta fatica ci alzavamo, fuori era ancora buio e faceva freddo ma dovevamo andare alla messa prima delle 06,00. In questo giorno la chiesa ricorda la presentazione al Tempio di Gesù che cade esattamente 40 giorni dopo il Natale, ma per noi poveri contadini era semplicemente il giorno della Candelora. Andavamo a messa e dopo la messa il Parroco distribuiva ad ognuno una candela, con quella andavamo in processione per le vie del paese per poi ritornare in chiesa per la benedizione delle candele. Le candele benedette le dovevamo portare a casa e custodirle gelosamente perché in caso di malattia o disgrazia era usanza accenderle per ottenere sollievo.

Era un rito che non si doveva perdere perché dava la sicurezza di essere protetti per tutto l'anno e noi poveri contadini ne avevamo sempre molto bisogno. Avevamo anche il compito di benedire le candele per parenti o vicini che ammalati non potevano recarsi in chiesa, era un dovere morale, era come se in qualche modo aiutassimo la persona a stare meglio. Anche oggi se posso partecipo a questo rito e tutti gli anni conservo la candela.


Nonna Giuseppina
Bareggio, fine anni '40

La Giobia

Nel mese più freddo dell'anno aspettavamo con ansia un giorno, l'ultimo giovedì del mese, il giorno della Giobia. Per noi la Giobia era l'immaginaria strega del freddo ed andava fatta scappare così poteva arrivare la primavera.

A noi bambini piaceva quel giorno perchè fin dalla mattina tutti erano intenti a fare il fantoccio della strega, facevamo a gara a chi riusciva a farlo più bello ma allo stesso tempo più pauroso di tutti. Alla sera ci si ritrovava intorno al fuoco e dopo aver raccontato panzanighe, bevuto un caldo vin broulè e mangiato qualche raro dolcetto si dava fuoco alla Giobia che si sperava facesse le fiamme molto alte in segno di buon auspicio. Durante la giornata invece noi bambini avevamo il compito di fare molto rumore per dar fastidio alla strega, stancarla così alla sera si sarebbe fatta prendere facilmente. Andavamo così in giro per tutto il giorno picchiando a più non posso pentole, coperchi, suonando campanacci... tutto andava bene purché facesse un gran fracasso. Per noi era un divertimento unico, un gioco magico che allo stesso tempo ci aiutava a stare in compagnia e a dar sfogo alla fantasia.


Nonna Rita
Ossona, anni '50

La luce spaventosa della nonna

Da piccoli eravamo dei veri temerari, sempre nei pericoli ma al tempo stesso eravamo dei gran fifoni. Io avevo una nonna, la mia nonna Rosetta, che abitava in due piccoli locali di corte come si usava ai tempi. Andavo sempre molto volentieri da lei purché fosse giorno e con la luce del sole, se per caso qualcuno mi diceva di andare di sera per me erano guai. La luce elettrica non c'era dappertutto e nella camera della nonna per illuminare la stanza c'era una piccola ed innocente lanterna a petrolio. A me però pareva una grandissima luce inquietante, un mostro luminoso che poteva all'improvviso mangiarmi. Avevo una tal paura che prima di entrare facevo gli scalini molto adagio, aprivo lentamente e senza far rumore la porta e sbirciavo dentro prima di entrare. Se l'oggetto misterioso era spento avevo la via libera se era acceso rimanevo immobile, terrorizzato, io guardavo lei e lei guardava me, e se la nonna cercava di farmi entrare puntavo i piedi e cominciavo a piangere e se potevo scappavo.

A pensarci oggi mi viene da ridere ma allora “ghevi una fifa della miseria!!” (avevo una paura folle!!) chissà poi perché...


Nonno Carlo
Furato, primi anni '50

La Meneghina della Nonna Giulia

Per me, che sono cresciuta in centro a Milano tanti anni fa quando il benessere era ancora lontano, la torta è sempre stata chiamata La Meneghina. Era un modo familiare per definire la semplice e squisita torta della mia nonna. Un impasto semplice di una torta casalinga con l'aggiunta quasi sempre di mele. Diversa dalla vera Meneghina, fatta con la pasta del panettone che veniva fatta solo nelle migliori pasticcerie. Non eravamo così ricchi da poterci permettere il dolce di pasticceria così la nonna ci viziava con la sua torta che noi abbiamo sempre definito la Meneghina, così da poterci dare quel tono che ci mancava.

A noi bambine piaceva aiutare la nonna in cucina e preparare la torta con lei era una festa. Farina, uova, burro e zucchero, con aggiunta di una gran dose di amore e pazienza della nonna che faticava a tenerci a bada, facevano sfornare una Meneghina unica. Per noi la domenica aveva il profumo della Meneghina e ancora oggi la preparo per i miei figli, non sarà l'originale ma è la mia Meneghina, quella della mia nonna Giulia.


Nonna Angela
Milano, primi anni '50

La mia cameretta

Quando entro nelle camerette dei miei nipotini mi affiora alla mente la mia e val la pena che ve la racconto.

Eravamo in tre, due sorelle ed io. I miei genitori vedendoci crescere decisero che era ora di trovare una casa che potesse avere le camere anche per noi perché fino a quel momento dormivamo tutti in un’unica stanza. La nuova casa aveva ben una cucina, due camere da letto e un locale più piccolo destinato a ripostiglio. Eravamo felicissimi una casa grande, la mamma aveva una cucina con stufa e lavandino, la camera dei miei genitori, la camera delle mie sorelle, ed io?
Siccome non stava bene che dormissi ancora con le mie sorelle il ripostiglio divenne la mia cameretta. L'arredamento era molto speciale: come armadio avevo una scansia con farine, pasta e riso, sotto il letto avevo i sacchi di patate, come lampadario avevo degli specialissimi salami appesi per la stagionatura e come comodino una serie di cassetta piene di frutta e verdura. Non era certamente piena di colori e giochi come quelle dei miei nipotini ma per me era bellissima, aveva un profumo unico e soprattutto era tutta per me e “na sevi fier” (ne andavo orgoglioso)!


Nonno Carlo
Villa Cortese, anni '50

Un regalo speciale

Era metà giugno e la mia bambina sarebbe dovuta nascere a fine agosto, ma a quei tempi anche in gravidanza si doveva lavorare ed anche sodo. Così per i numerosi sforzi per raccogliere il fieno, lavare i panni al naviglio, risalire tutta la costa solo per far la spesa...la mia bambina decise di nascere molto prematuramente.

Le condizioni della bambina e le mie erano abbastanza preoccupanti tanto che il dottore tutto fare del paese mi disse che dovevamo essere ricoverate in ospedale a Milano per salvarci. Nessuna ambulanza, mio marito prese la macchina e ci portò a Milano. Viaggio lunghissimo per l'epoca. Dopo due mesi di ricovero la bambina era fuori pericolo e i medici decisero di dimetterci. Altro viaggio lunghissimo di 30 km e rientrammo a casa. Nel frattempo i lavori nei campi dovevano procedere, c'era il fieno da raccogliere, le mucche da mungere... fratelli e cognate si sobbarcarono anche la mia parte, non c'era sicuramente nè la voglia né il tempo di pensare ai regali. Ci pensò quindi mia suocera che per festeggiare il ritorno a casa della nuora e la nipotina mi regalò una bella gallina appena ammazzata ancora tiepida con tanto di penne e mi disse: “te la regali almen stasira te fe il brod” (te la regalo così stasera puoi fare il brodo).


Nonna Enrica
Castelletto di Cuggiono, 1958

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Trucioli di Storia.
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FAQ

, Trucioli di Storia è aperto tutto l’anno.

. Per poter visitare il museo è necessaria la prenotazione. Le visite sono sempre guidate, e il numero massimo di partecipanti è di 15 per gruppo.

Siamo nel centro storico del paese, a Cuggiono, in un’antica e originale corte contadina.

I locali sono stati ricreati nelle cucine e stanze dei vecchi famei (nome che indica i contadini fino agli anni ‘60 nel dialetto milanese), nonché nella reale bottega del nonno Giovanni.

Certo, siamo sempre disponibili a coinvolgere festeggiato e invitati in una piccola festa ricreando un giorno di festa della tradizione.

Le facciamo, ma vanno concordate con il giusto anticipo per organizzarci al meglio.
I nostri listini di costo variano in base alla tipologia e ai tempi richiesti.

No, non vendiamo i modellini.

Ogni pezzo che vedrai è unico e ha richiesto anni e anni di lavoro e perfezionamento.

Trucioli di storia

È quella finestra su un mondo ben nascosto che devi aprire se vuoi disintossicarti, per un giorno, dallo stress della vita di oggi…

E quel momento in cui puoi tornare bambino tra le braccia dei tuoi nonni…
O in cui puoi far scoprire ai tuoi figli la bellezza di un mondo prezioso che, piano piano sta scomparendo, per evitare che venga dimenticato.

Per questo,

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se vuoi osservare con i tuoi occhi i cicli di produzione antichi

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se vuoi assaggiare i sapori della tradizione

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se vuoi scoprire i lavori di 100 anni fa…

Noi siamo qui per te!



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