Quando ero piccola il pane non lo si comprava tutti i giorni ma lo si faceva in casa una volta alla settimana. Il giorno del pane per noi bambini era quasi una festa, sapevamo che quel giorno potevamo far merenda con qualcosa di buono e dolce. La mamma la sera impastava farina e acqua in una ciotola, la lasciava lievitare tutta la notte e la mattina formava le pagnotte. In una si metteva un po’ di uvetta, fichi, mele o quello che si trovava in stagione, un po’ di zucchero e quello era il dolce riservato a noi. Nessuno aveva il forno in casa così le si metteva dentro la “marnèta”, si metteva qualcosa per distinguere le proprie, un segno, un nastrino… , si coprivano con un canovaccio e si portavano dal panettiere o al forno comune per la cottura. Io e mio fratello in quei giorni eravano sempre felici, la mia felicità era poter salire sulla carriola insieme alla “marnèta” nel portare e riprendere le nostre pagnotte. Mio fratello invece era più furbo, quando la mamma tornava a casa e riponeva le profumatissime pagnotte dentro la madia lui non resisteva a quel delizioso profumino, aspettava che non ci fosse nessuno nei paraggi e piano piano si mangiava tutta la crosta del pane lasciando solo la mollica. Quasi sempre finiva che veniva scovato e si prendeva la sua “masnada” ma nonostante ciò la settimana successiva il ladro entrava ancora in azione.
Ancora oggi ogni volta che sento il profumo del pane mi guardo in giro per vedere se mio fratello sta rubando qualcosa e devo dire che il vizio non lo ha perso.
Nonna Angela
Mesero fine anni ’40